13 maggio 2010

Ammortizzatori Sociali

Ammortizzatori sociali, media e crisi
In un periodo di crisi quale quello che l’economia mondiale sta vivendo da oltre un anno, gli unici indici positivi riportati dai giornali, almeno quelli italiani, sono stati per molto tempo gli incrementi nell’uso della cassa integrazione ed altri ammortizzatori sociali. Così, incrementi con numeri a 3 cifre sono stati moneta corrente in giornali e riviste degli ultimi mesi.
Spesso però, dietro la brutalità di uno strillo quale “CIG: +384%” il lettore ha difficoltà a capire il vero significato dell’informazione.
Per questo proponiamo in queste pagine una rilettura sinottica del sistema degli ammortizzatori sociali vigenti in Italia, delle fonti di finanziamento, delle aziende destinatarie e dei lavoratori beneficiari.


Quali ammortizzatori sociali
Sin dalla sua istituzione nel 1941, per far fronte alle forti contrazioni produttive dovute alla guerra, la Cassa Integrazione guadagni ordinaria (CIGO) ha avuto il doppio scopo di:
- evitare i licenziamenti e la conseguente dispersione di manodopera qualificata;
- erogare alle maestranze forme di retribuzione per conservare il rapporto di lavoro con l’azienda.
In altri termini: mantenere vivo il rapporto tra azienda e lavoratore, anche nei periodi di crisi.
In sostanza, lo scopo non è cambiato neanche con la riorganizzazione dell’istituto avvenuta con la legge 164 del 1975.
Ne possono usufruire le aziende industriali e le cooperative con attività di tipo industriale. Mentre sono escluse le aziende artigiane , del terziario, del credito e delle assicurazioni, agricole, esercenti la pesca, piccola industriale, di navigazione, ferroviarie, tranviarie, ed altre ancora.
La lista delle categorie escluse è più lunga di quelle ammesse e potrebbe venir da chiedersi a cosa è dovuta la differenziazione. La risposta sta nei contributi previdenziali che pagano le aziende: quelle ammesse pagano per la CIGO un contributo che va dal 1,90 al 2,20% della retribuzione del lavoratore. Due terzi del contributo sono a carico dell’azienda. Il resto a carico del lavoratore. Al momento dell’uso l’azienda paga inoltre un contributo addizionale che va dal 4% all’8% dell’integrazione salariale a seconda che sia una azienda fino a 50 persone o oltre.
La misura dell’integrazione salariale è teoricamente dell’80% della retribuzione. In realtà vi è un tetto massimo, ridefinito annualmente che per il 2010 ammonta a 840,81 € lordi mensili per le retribuzioni lorde fino a 1931,86 € e 1.010,57 € lordi mensili per quelle superiori

Da metà degli anni settanta è presente nell’ordinamento italiano un istituto destinato a mantenere attivo il rapporto di lavoro non solo in casi contingenti ma anche in periodi di crisi dell’azienda, sia essa dovuta a motivi esterni o interni.
La Cassa Integrazione Straordinaria (CIGS) ha come quella ordinaria la doppia funzione di garantire un reddito ai lavoratori a rischio di esclusione dal mercato di lavoro e mantenere vivo il rapporto affinché, passata la crisi, possa proseguire.
La differenza tra i due istituti (ordinaria e straordinaria), oltre che per le causali (contingenti per l’ordinaria, strutturali per la straordinaria) differiscono soprattutto per la durata (per 3 mesi, eventualmente prorogabile l’ordinaria; fino a 12 mesi, e in alcuni casi particolari 24 mesi, la straordinaria).
Ne possono usufruire le aziende industriali con più di 15 dipendenti e le aziende commerciali con più di 50 dipendenti. Ne beneficiano i lavoratori tutti con l’eccezione di dirigenti, apprendisti e lavoranti a domicilio. Il contributo in questo caso ammonta a 0,90% della retribuzione sostenuto, anche in questo caso, per 2/3 dall’azienda e per un terzo dal lavoratore. Nel momento in cui usufruisce dell’istituto l’azienda paga inoltre un contributo addizionale che va dal 3% per le aziende fino a 50 lavoratori al 4,5% per le altre, di quanto integrato. La misura dell’integrazione salariale è uguale a quella della CIGO.

Nel 1984 è stato invece istituito il Contratto di Solidarietà. L’istituto si basa sul principio per cui di fronte ad una carenza strutturale di lavoro i lavoratori si dividono, in un ottica di solidarietà, le ore di lavoro e le retribuzioni disponibili. Le ore non lavorate vengono integrate dall’INPS con i fondi della CIGS nella misura del 60% della retribuzione senza tetto (80% per il solo 2010). L’istituto si avvia con un accordo concluso in azienda tra datore di lavoro e maestranze e, come la CIGS, viene autorizzato dal Ministero del Lavoro.
Essendo il Contratto di Solidarietà finanziato con i fondi della CIGS vi possono accedere lo stesso tipo di aziende (perché pagano il contributo CIGS) e le stesse categorie di lavoratori.

Quando non è più possibile mantenere vivo il rapporto tra l’azienda che rientra nella normativa CIGS e il lavoratore entra in gioco la procedura di messa in Mobilità che consiste in un licenziamento le cui modalità sono dettate dalla legge e concordate nel dettaglio tra azienda e sindacati. Anche in questo caso la retribuzione che l’azienda riconosce al lavoratore è tassata per lo 0,30%. La Mobilità è inoltre finanziata da un contributo pagato dall’azienda al momento di utilizzo dell’istituto che va da 3 a 9 mensilità di indennità per ogni lavoratore licenziato (a secondo che vi sia o meno un accordo sindacale e che l’azienda abbia, o meno, gestito un periodo di CICS).
La cosiddetta “Mobilità” consiste da un lato nell’iscrizione del lavoratore in liste “speciali” di disoccupati che se assunti portano in dote all’azienda delle agevolazioni contributive ed economiche, dall’altro nel riconoscimento di un indennità equivalente a quella di CIGO per periodi che vanno da 1 a 3 anni a seconda dell’età anagrafica al momento del licenziamento percentualmente ridotta nel tempo (dopo il 13° mese l’indennità viene ridotta del 20%).

Da notare che l’indennità di Mobilità non è l’indennità di disoccupazione che spetta a tutti i lavoratori che posseggano i necessari requisiti di legge (2 anni di anzianità contributiva e 52 settimane di contribuzione nell’ultimo biennio) la cui misura è equivalente al 60% della retribuzione media degli ultimi 3 mesi di lavoro, che cala al 50% dopo il sesto mese e al 40% dopo l’ottavo mese e la cui durata pari a 8 mesi per i soggetti fino a 50 anni e 12 mesi per gli altri.

La disponibilità di fondi per la Cassa Integrazione dipendono perciò in modo sostanziale dal fatto che le aziende versano i contributi appositi. Ma, come già detto, non tutte le aziende versano questi contributi. Eppure anche queste, in particolare nell’attuale periodo di crisi, si trovano ad affrontare carenze di lavoro o crisi strutturali. Per consentire lo stesso tipo di protezione ai lavoratori di queste aziende lo stato devolve, anno per anno, fondi destinati agli Ammortizzatori Sociali “in deroga” alla normativa che consentono di riconoscere integrazioni salariali simili ai lavoratori di queste aziende seppur le aziende non abbiano pagato i relativi contributi. Le condizioni di attivazione e di fruizione (beneficiari, durata, misura) sono definite per analogia con quanto definito dalle legislazione “normale”, derogando però al principio che possono usufruirne i lavoratori di aziende che versano i relativi contributi.


La riforma degli ammortizzatori
Appare evidente che nel panorama degli ammortizzatori sociali in Italia vi siano grosse differenze di trattamento dei lavoratori a seconda del tipo di azienda per cui questi lavorano. E’ evidente che la riforma degli ammortizzatori sociali in discussione già da anni terrà conto di questo, mirando a uniformare il beneficio.
L’uso massiccio degli ammortizzatori sociali in deroga ha anche dimostrato il pericolo insito nell’erogare sostegni al reddito “non previsti” ossia non finanziati in tempo. Infatti, il sistema della “deroga” richieda legislazione specifica, anno per anno con pesanti ricadute sul sistema e sui lavoratori.
Malgrado tutto, la crisi attuale ha dimostrato la sostanziale bontà del sistema esistente che però dovrà essere adeguato anche tenendo conto di quanto intelligentemente sperimentato in questi mesi. Senz’altro, infatti, alcune misure adottate nell’ultimo anno hanno rappresentato un importante contributo nel limitare l’impatto sociale della crisi favorendo evitando i licenziamenti. Tra questi menzioniamo, a puro titolo esemplificativo:
- il conteggio a giorni e non più a settimane dell’uso della CIGO (misura che, a fronte di un uso cosciente dello strumento consente
- l’aumento dell’integrazione salariale in Contratto di Solidarietà portato, per il solo 2010, dal 60% all’80%,
- i chiarimenti in merito all’uso flessibile dello stesso Contratto di Solidarietà (la percentuale di riduzione oraria è da considerarsi come media tra i vari lavoratori)
- L’estensione, con lo strumento della deroga, degli ammortizzatori sociali a categorie di lavoratori in precedenza non coperti (cocopro, apprendisti, lavoranti a domicilio) oltre che ai lavoratori impiegati da aziende artigiane, commerciali ed altre.
Tutte queste innovazioni rappresentano dimostrazioni pratiche delle questioni che il futuro sistema degli ammortizzatori sociali dovrà tenere in considerazione.

11 febbraio 2010

"On ne ment jamais tant qu'avant les élections, pendant la guerre et après la chasse."
Georges Clemenceau