08 giugno 2015

Verso la certificazione di competenze

Con il documento del 22 gennaio 2015 la Conferenza Stato Regione fa un ulteriore passo verso l'implementazione di sistemi di certificazione di competenze. Una buona cosa, senonché l'approccio, finora principalmente top down crea aspettativa senza fornire risposte. Mentre le Regioni legiferano, pensano, ipotizzano, pianificano, il mercato del lavoro (che sarebbe fortemente e positivamente influenzato da questo strumento) arranca. E' ora di spiegare in modo pratico il processo di certificazione di competenze (cosa e'? a cosa serve? come si fa?) e lasciare che, in un processo bottom up, uffici pubblici e privati sperimentino sulla base dei repertori già esistenti. Senza particolari regole, che non servono finché si sperimenta senza certificare, ma sopratutto senza creare filtri iniziatici che porterebbero poi all'"albo dei certificatori" vanificando così il potenziale di uno strumento che, seppur all'interno di di codice di qualità ben definito (già esistente a livello europeo), dovrà essere ampiamente usato. Poi, sulla base dell'esperienza si potrano definire regole più stringenti. Queste somiglieranno molto, ci si può scommettere, a quanto già definito in altre parti d'Europa (perché tanto non c'è niente da inventarsi) ma l'esperienza pratica avrà consentito di applicare alla realtà italiani strumenti mutuati da altri paesi. Allo proviamo a definire le "3 cose in croce":  
- Cosa è la certificazione di competenze: un processo che attraverso la individuazione e validazione di competenze acquisite anche in ambiti informali e non formali (ossia ambiti non destinati a produrre formazione oppure totalmente destrutturati) consente da attestare quello che una persona sa e sa fare (conoscenze e capacità).  
- A cosa serve la certificazione di competenze: facciamo un esempio. Un lavoratore che per 30 anni ha lavorato nel metalmeccanico viene, a 55 anni, licenziato. Che ne sarà di lui? Un percorso di esplorazione delle sue competenze, acquisite anche in ambiti informali e non formali consente di scoprire che ha svolto anni ed anni di volontariato in una associazione sportiva acquisendo la capacità di fare girare una società. Queste capacità (e conoscenze) identificate, validate e magari certificate (con un attestato) potrebbero permettergli di trovare lavoro in un ambito (quello delle società sportive) totalmente diverso dal settore metalmeccanico, aumentando le sue possibilità di ricollocamento.
 - Come si fa certificazione di competenze: molto poterono gli standard, ben di più che le procedure. Standard di competenze dai repertori regionali; standard di comportamento (step by step, moduli, software) anche mutuati da altre realtà dove già si fa; standard di output (CV evoluto, descrizione per unità di competenze). Questi sono gli elementi minimi per avviare processi di identificazione e validazione di competenze. Sperimentati questi si deciderà come Scuole, Università e Regioni potranno certificare le competenze validate. Vedo già insorgere i puristi della procedura e della norma. Non hanno tutti i torti, ma il tempo stringe ed è un peccato rinunciare al potenziale di questi strumenti solo perché le Regioni non hanno ancora "spiegato come funziona". Alcune Regioni, più illuminate, hanno già dato il via alla sperimentazione pratica, accogliendo tutte le esperienza svolte sul territorio, per metterle a sistema.
Sperimentare, sprimentare, sperimentare! Solo così si riuscirà ad avviare processi di identificazione e validazione, che possano portare a certificazione, ma che siano, sopratutto, compatibili con le esigenze del mondo del lavoro reale, quello delle persone e delle aziende, della flessibilità (a doppia corsia), dei tempi mai sufficienti e dei costi sempre troppo alti.